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tina. Già il primo e il secondo giorno avevan fatto chias-
so nella scuola, perché il supplente ha una gran pazien-
za, e non fa che dire: State zitti, state zitti, vi prego.
Ma questa mattina si passò la misura. Si faceva un
ronzìo che non si sentivan più le sue parole, ed egli am-
moniva, pregava: ma era fiato sprecato. Due volte il Di-
rettore s affacciò all uscio e guardò. Ma via lui, il sussur-
ro cresceva, come in un mercato. Avevano un bel
voltarsi Garrone e Derossi a far dei cenni ai compagni
che stessero buoni, che era una vergogna. Nessuno ci
badava. Non c era che Stardi che stesse quieto, coi go-
miti sul banco e i pugni alle tempie, pensando forse alla
sua famosa libreria, e Garoffi, quello del naso a uncino e
dei francobolli, che era tutto occupato a far l elenco dei
sottoscrittori a due centesimi per la lotteria d un cala-
maio da tasca. Gli altri cicalavano e ridevano, sonavano
con punte di pennini piantate nei banchi e si tiravano
dei biascicotti di carta con gli elastici delle calze. Il sup-
plente afferrava per un braccio ora l uno ora l altro, e li
scrollava, e ne mise uno contro il muro: tempo perso.
Non sapeva più a che santo votarsi, pregava: Ma per-
ché fate in codesto modo? volete farmi rimproverare per
forza? Poi batteva il pugno sul tavolino, e gridava con
voce di rabbia e di pianto: Silenzio! Silenzio! Silenzio!
Faceva pena a sentirlo. Ma il rumore cresceva sempre.
Franti gli tirò una frecciuola di carta, alcuni facevan la
voce del gatto, altri si scappellottavano; era un sottoso-
pra da non descriversi; quando improvvisamente entrò
il bidello e disse: Signor maestro, il Direttore la chia-
Letteratura italiana Einaudi 84
Edmondo De Amicis - Cuore
ma. Il maestro s alzò e uscì in fretta, facendo un atto
disperato. Allora il baccano ricominciò più forte. Ma
tutt a un tratto Garrone saltò su col viso stravolto e coi
pugni stretti, e gridò con la voce strozzata dall ira: Fi-
nitela. Siete bestie. Abusate perché è buono. Se vi pe-
stasse le ossa stareste mogi come cani. Siete un branco di
vigliacchi. Il primo che gli fa ancora uno scherno lo
aspetto fuori e gli rompo i denti, lo giuro, anche sotto gli
occhi di suo padre! Tutti tacquero. Ah! Com era bello
a vedere, Garrone, con gli occhi che mandavan fiamme!
Un leoncello furioso, pareva. Guardò uno per uno i più
arditi, e tutti chinaron la testa. Quando il supplente
rientrò, con gli occhi rossi, non si sentiva più un alito.
Egli rimase stupito. Ma poi, vedendo Garrone ancora
tutto acceso e fremente, capì, e gli disse con l accento
d un grande affetto, come avrebbe detto a un fratello:
Ti ringrazio, Garrone.
Letteratura italiana Einaudi 85
Edmondo De Amicis - Cuore
La libreria di Stardi
Sono andato da Stardi, che sta di casa in faccia alla
scuola, e ho provato invidia davvero a veder la sua libre-
ria. Non è mica ricco, non può comprar molti libri; ma
egli conserva con gran cura i suoi libri di scuola, e quelli
che gli regalano i parenti, e tutti i soldi che gli danno, li
mette da parte e li spende dal libraio: in questo modo s è
già messo insieme una piccola biblioteca, e quando suo
padre s è accorto che aveva quella passione, gli ha com-
perato un bello scaffale di noce con la tendina verde, e
gli ha fatto legare quasi tutti i volumi coi colori che pia-
cevano a lui. Così ora egli tira un cordoncino, la tenda
verde scorre via e si vedono tre file di libri d ogni colore,
tutti in ordine, lucidi, coi titoli dorati sulle coste; dei li-
bri di racconti, di viaggi e di poesie; e anche illustrati.
Ed egli sa combinar bene i colori, mette i volumi bianchi
accanto ai rossi, i gialli accanto ai neri, gli azzurri accan-
to ai bianchi, in maniera che si vedan di lontano e faccia-
no bella figura; e si diverte poi a variare le combinazioni.
S è fatto il suo catalogo. È come un bibliotecario. Sem-
pre sta attorno ai suoi libri, a spolverarli, a sfogliarli, a
esaminare le legature; bisogna vedere con che cura gli
apre, con quelle sue mani corte e grosse, soffiando tra le
pagine: paiono ancora tutti nuovi. Io che ho sciupato
tutti i miei! Per lui, ad ogni nuovo libro che compera, è
una festa a lisciarlo, a metterlo al posto e a riprenderlo
per guardarlo per tutti i versi e a covarselo come un te-
soro. Non m ha fatto veder altro in un ora. Aveva male
agli occhi dal gran leggere. A un certo momento passò
nella stanza suo padre, che è grosso e tozzo come lui,
con un testone come il suo, e gli diede due o tre manate
sulla nuca, dicendomi con quel vocione: Che ne dici,
eh, di questa testaccia di bronzo? E una testaccia che
riuscirà a qualcosa, te lo assicuro io! E Stardi socchiu-
deva gli occhi sotto quelle ruvide carezze come un gros-
Letteratura italiana Einaudi 86
Edmondo De Amicis - Cuore
so cane da caccia. Io non so; non osavo scherzare con
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